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Mi chiamo Calogero Baglio detto Lillo, sono nato nel 1962 a Parigi dove ho trascorso la mia infanzia e fatto la scuola primaria. Terminate le elementari sono stato letteralmente catapultato a Riesi, un paese dell'entroterra siciliano.
Essendo mio padre originario di quel luogo e avendo preso la decisione di ritornare nel proprio paese; alla delicata età di undici anni, mi ritrovai in un'altra realtà, quella, si diceva allora, del profondo sud (mi sono sempre chiesto perché la parola sud fosse preceduta dall'aggettivo profondo , forse perché lontano dalla superficie, ma di quale superficie?).
Dopo essermi diplomato conseguendo la maturità scientifica, mi iscrissi alla facoltà di giurisprudenza a Firenze; avrei voluto fare l'avvocato, ma la mancanza di disciplina e le mie continue distrazioni non mi furono sicuramente di sostegno, davo, a quel tempo, maggiore importanza agli aspetti emozionali della mia vita, e così, abbandonai gli studi universitari.
La vita o semplicemente il destino, mi ha portato a Collegno, città nella quale vivo, conosciuta per la storia dello smemorato di Collegno o la città dei matti per via del suo ex manicomio. Il manicomio, come istituzione, non esiste più, al suo posto si trova un a.s.l. con i relativi dipartimenti, dove tra gli altri troviamo quello di salute mentale; nel quale sono annessi l'archivio storico , il centro di documentazione sulla psichiatria e la biblioteca medica dell' ex manicomio. E' qui che svolgo la mia attività di bibliotecario documentarista del Servizio Sanitario Nazionale, da diversi anni ormai.
Mi interesso di arte per cercare di capire me stesso e i miei simili, perché è vero: l'arte pervade l'anima di uomini e donne proprio perché riflette i loro più reconditi sentimenti, aspirazioni e modi di pensare. L'arte si appella alle nostre emozioni, l'immedesimazione è condizione necessaria per provare a capire. Se dovessi parlare di me credo di essere sempre stato particolarmente empatico. L'empatia è la modalità mediante la quale raccogliamo dati psicologici a proposito delle altre persone, grazie, forse, a questa capacità di intendere o per lo meno il tentativo di comprendere lo stato d'animo altrui, oltre ad interessarmi di arte, ho potuto scrivere un racconto sulla follia, dove i personaggi sono reali, nel senso che ciò che viene detto è espressione di un sentire autentico e di esperienze autentiche. Il messaggio che vorrei il testo lasciasse, è quello di far pensare che chi ha fatto l'esperienza della follia, senza essere realmente pazzo, sviluppa misteriosamente una sensibilità che gli permette di entrare in una dimensione dove il pensiero non è scelto, dove l'invisibile si deposita nel buio del nostro teatro interiore, dove, però, le parole vere possono illuminare e forse guarire la nostra anima.
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